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23/04/2024

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La caurabesula

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09/11/18

Scopri quanto è verità e quanto leggenda....

Quando ero piccolo con i miei fratelli, e talvolta in compagnia dei miei cugini, andavamo durante la vacanze scolastiche nella casa di San Bernardo.

Ci stavamo da giugno fino a settembre. Il mare lo si conosceva solo dalle cartoline che ogni tanto trovavamo nella buca delle lettere a Ponte,

spedite da qualche nostro parente. [Erano mesi di giochi e spensieratezza: eravamo liberi di girare per boschi e sentieri senza strade né macchine].

Nella baita sotto casa c'erano i nostri "famigli": la *Rosa di Pitu* e la *Rosa di Leli*. Ogni tanto io scendevo a trovarle. Una volta, impaurito, chiesi

alla *Rosa di* *Leli* di chi fosse quello strano verso che sentivo arrivare dal bosco della *Rotonda,* ricordo che lei mi disse:

*L'è al Caurabesul!" .*

Sono sempre stato incuriosito dal quel nome e da come potesse essere quella creatura: nella mia fantasia di bambino la pensavo metà uccello e metà

capra. Qualche tempo fa, leggendo una rivista locale, ho potuto soddisfare finalmente una curiosità che avevo ormai riposta, e trovo sempre più giusto

il detto *L' è fina 'n pecà murì, perché se 'npara una ogni dì!*


In realtà il *Caurabesul o Caurabesula,* che tradotto è "capra che bela" poiché *besulà *in dialetto significa appunto ''belare'', è un innocuo

volatile, grande come un merlo chiamato in italiano *Succiacapre*. La sua brutta reputazione è dovuta ai pastori convinti che succhiasse il latte

dalle tette [mammelle] delle capre seccandogliele! Sembra invece che l'uccellino le seguisse solo per cibarsi degli insetti infestanti la loro

livrea. Il canto costante e crepitante del succiacapre, unito alle sue abitudini notturne obbligate, ne hanno fatto un archetipo di animale

"maledetto" nelle leggende popolari, cioè uno spirito in forma di animale che ha il compito di prelevare le anime dei moribondi per portarle

nell'aldilà.

La credenza popolare qui in Valtellina ci ha ricamato sopra dicendo che l'uccellino in realtà fosse una strega che s'aggirava nei boschi in attesa

di radunarsi con altre colleghe al lago di Painale - in cima alla Val di Togno ai confini con la Valfontana-, non molto distante da San Bernardo e

luogo abituale dei sabba. Un'altra versione delle tante sostiene che la "Caurabesula" è il vagito di un neonato abbandonato in fasce e piangente

dentro l'intrico di un bosco. Non averlo saputo prima, da bambino, mi ha risparmiato sonni agitati a San Bernardo...


Testimonianza di Giovanni Bolognini