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19/03/2024

S. Alessandra martire

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Tirano

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Tirano

Tirano

Come vuole la (più probabile) etimologia del nome (inter amnes, ovvero “tra i fiumi”) la terza cittadina per abitanti della provincia di Sondrio sorge alla confluenza fra l'Adda e il Poschiavino, torrente omonimo della quasi interamente svizzera val Poschiavina.

Centro di importanza storica (e storico-militare in particolare), in quanto punto di congiunzione fra la Valtellina, i Grigioni, l'Alta Valle e l'accesso alle valli orobiche, è senz'altro abitato ricco di cultura e tradizioni.

Per la sua importanza di crocevia fu infatti al centro degli interessi di diversi stati europei nel corso dell'età moderna, mentre oggi a farla brillare sono le sue due principali attrattive: il Santuario della Madonna di Tirano e il capolinea di quell'unicum che è il “Trenino Rosso del Bernina”, che collega la cittadina valtellinese a Sankt Moritz.

Oltre al già citato Santuario della Madonna di Tirano, monumento religioso più importante della Provincia di Sondrio, originatosi dall'apparizione il 29 settembre 1504 della Vergine, sono molte altre le attrattive artistiche e culturali della città.

Innazitutto il borgo storico, circondato dalle mura volute da Ludovico il Moro, Duca di Milano, in funzione di protezione anti-grigionese, così come il “Castellaccio” (su progetto di Leonardo da Vinci che visitò l'abitato); poi le storiche porte della città, la porta Milanese, la porta Poschiavina e la porta Bormina.

Troppi poi da descriverti sono i palazzi e le residenze patrizie della città, i Palazzi Salis, Visconti-Venosta, Torelli, Merizzi, Andres, Parravicini, Buttafava, Pievani, Marinoni... residenze splendide a testimonianza di un grande passato di città a cui si sono interessate le corti di mezza Europa per il valore strategico e la conseguente attrattiva: Tirano era infatti sia porta di accesso alla parte germanica del Sacro Romano Impero (e la Confederazione Elvetica ovviamente), il Ducato di Milano ma anche la Serenissima Repubblica di Venezia tramite la vicina Valle Camonica.

Sempre per queste ragioni era anche punto di passaggio (e di sosta in virtù del Santuario mariano) di pellegrini, come testimonia anche lo splendido Xenodochio di Santa Perpetua, risalente all'XI secolo, che domina la città sul versante retico, circondato dalle vigne, nel pieno rispetto della tradizione della media Valtellina.

Tirano è stata anche soprannominata la “Merano” della Vatellina per i suoi ampi e numerosi spazi verdi.

Il Viale Italia, lungo e alberato ti accoglie nella cittadina se provieni da Sondrio, transiti sul "Campone" se invece arrivi da Bormio.

Numerose sono le attività commerciali di Tirano come ristoranti e strutture ricettive pronte ad accogliere turisti proveninenti da ogni parte del mondo.

Il comune e l'Ufficio turistico organizzano numerosi eventi per rendere viva Tirano, famoso crocevia tra Italia e Svizzera.

Ricordiamo il Sentiero del Contabbando e della Memoria, nelle zone di Roncaiola e Baruffini con la pericolosa Passerella che dal confine italo-svizzero porta alla frazione di Roncaiola.

Il contrabbando fino a buona parte degli anni sessanta del secolo scorso, fu attività molto praticata dalla gente del posto

Ma non posso non richiamarti una volta di più che è punto di partenza di uno dei più suggestivi e arditi viaggi in treno che ti possa capitare di fare: allora tutti in carrozza a bordo del celeberrimo Trenino Rosso che ti condurrà nel cuore delle Alpi!

santo patrono Tirano

San Martino

Martino di Tours, in latino Martinus (Sabaria, 316 o 317 – Candes-Saint-Martin, 8 novembre 397), è stato un vescovo e confessore francese, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da quella copta.
Ancora bambino, Martino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre era stato destinato quale tribuno della legione, ed in quella città trascorse l'infanzia. A quindici anni, in quanto figlio di un militare, dovette entrare nell'esercito. Come figlio di veterano fu subito promosso al grado di circitor e venne inviato in Gallia, presso la città di Amiens.
Il compito del "circitor" era la ronda di notte e l'ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne l'episodio che gli cambiò la vita. Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro.

Si dice a Tirano:

  • An regàl grant u pìscen al va sémpri bée (un regalo grande o piccolo va sempre bene)
  • An sa cùma ‘n sà, ma mài cùma an pö vignì (sappiamo come siamo, ma non come possiamo diventare)
  • Ànca ün fürbu al trùa ün pü fürbu de lüü (anche un furbo ne trova uno più furbo di lui)
  • Bisügna tegnìs la gént cun al so temperamént (bisogna accettare la gente con il suo carattere)
  • Chìi crùmpa chèl che ucùr mìga vendarà ‘l necesàri (chi compera ciò che non serve venderà il necessario)
  • Chìi ‘l sa mìga fa al làghi sta (chi non sa fare, lasci stare)
  • Macc adàcc (maggio, adagio - a togliersi i vestiti)
  • Macc sciücc gran par tücc (maggio asciutto, grano per tutti) Ul dì de l'Ascenziùn l'è ura de sculdà ul fer d'ul stée
  • "Se la fèmna mèt sü li bràghi e l’um al scusàl la ca la va de mal" (Se la donna indossa i pantaloni e l'uomo il grembiule, la casa va male).
  • Cula léngua ‘n bùca sa va ‘ndùa sa völ, sa rüa parfìnu a Rùma (con la lingua in bocca si va dove si vuole, si arriva perfino a Roma)
  • "A parlà sa sa ‘nténd, a maià sa dùma spént". (A parlare ci si intende, a mangiare solo si spende).
  • "Al disùrdan al ciàma ùrdan" (il disordine chiama ordine)
  • "Al prim basèl l’è ‘l pü difìcil de fa sü" (il primo gradino è il più difficile da salire)
  • "An crapadùn al mumént giüst al val püsée de ‘n grant discùrs". (Uno scapaccione al momento giusto vale più di un grande discorso)
  • "Ària rùsa: u ca sùfia u ca pìscia". (Cielo rosso, o tira vento o piove).
  • "Cèrca mài de ‘ndrizàch i gàmbi a ‘n can, se l’è gavèl". (Non cercare mai di raddrizzare le zampe ad un cane, se le ha storte)
  • "Chèl che büta ‘l crès". (Quel che spunta, cresce)
  • "Dùma ‘l spècc al ta dis tüt". (solo lo specchio ti dice tutto)
  • "I amìs i è cùma ‘l vin, i à de vèss stagiunàa" (gli amici sono come il vino, debbono essere stagionati)
  • "I ciciàri vòlta mìga vìa i mestée". (con le chiacchiere non si fanno i mestieri)
  • "La süpèrbia la va a cavàl, ma la tùrna a pè" (la superbia va a cavallo ma torna a piedi)
  • "L’àsan de natüra al cugnùs mìga la sùa scritüra". (l'asino di natura non conosce la propria scrittura)
  • "Se s’ pö mìga fa cùma sa völ sa fa chèl che si pöl". (non si può fare come si vuole, si fa quel che si può).
  • "Se ‘l füm ala matìna va vèrs levànt al ségna de brüt, se ‘l va vèrs punént al ségna de bèl. Se ‘l va sü dricc al sa gnàa lüü cusèpo fa". (Se il fumo alla mattina sale verso levante sarà brutto tempo, se va verso ponente sarà bel tempo, se sale diritto non sa neppure lui che tempo farà).
  • A fa cùma ta völet al ta vée mìga fo ‘l gos (a fare come si vuole non viene il gozzo)
  • Ai büsàdri sa ga crét gnànca cùra che i dis la verità (ai bugiardi non si crede neppure quando dicono la verità)
  • Ai büsàdri sa ga crét gnànca cùra che i dis la verità (ai bugiardi non si crede neppure quando dicono la verità)
  • Al cùlmu de la strencerìa l’è cupà i piöcc par töch fo ‘l cusc (il colmo dell'avarizia è uccidere i pidocchi per tirarne fuori il grasso)
  • La néf angràsa i campàgni (la neve ingrassa la campagna)
  • L’amùr sénsa barüfa al spüza e ‘l fa sü la müfa (l'amore senza litigi puzza e fa la muffa)
  • Macc al végni cùra ‘l ga n’à vöia, bàsta che ‘l pòrti èrba e föia (maggio venga quando vuole, purché porti erba e foglie)
  • Se ‘l cànta ‘l gal prìma de scéna, se l’è nìgul al sa seréna (se il gallo canta prima di cena, se è nuvoloso si rasserena)
  • Trun de macc', gèrli e campàcc (tuoni a maggio, abbondante raccolto)
  • Vargùt al va sémpru rut (qualcosa si rompe sempre)