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Gabinat

09/11/19

"GABINAT" - Il giorno dell’Epifania é d'uso in Valtellina il Gabinat (dal tedesco "Nacht der Gaben" = notte dei doni). La tradizione è mantenuta viva dai ragazzi di Valtellina che in questo giorno, passando di casa in casa, appena viene loro aperto, pronunciano la parola "Gabinat" per primi, assicurandosi un dono dal padrone di casa.

Fra le tradizioni che bisogna cercare di evitare che scompaiano c’è l’antico “Gabinat”, parola che viene dal tedesco ("Nacht der Gaben" = notte dei doni) e quindi da supporsi discesa dai Grigioni. Parola e tradizione. Locale è invece la risposta “tìra la cùa al gatt”.

Di che si tratta?. A cavallo dell’Epifania – una volta i doni o il carbone per i cattivi li portava la Befana) – nel periodo previsto chi “sparava2 in faccia ad altri la magica parola “Gabinat” aveva diritto ad un pegno.

Non dappertutto alle stesse ore. Ad esempio a Sondrio dal mezzogiorno del 5 al mezzogiorno del 6, a Bormio invece dai Vespri della vigilia dell’Epifania sino al tardo pomeriggio del giorno dopo.
Qualcuno aveva pensato alla difesa inventando una pronta risposta, appunto “tìra la cùa al gatt”., ma questo, dicono gli esperti, non esimeva e non esdime dal pagare pegno.

Molte cronache parlano di usanze dei bambini per i quali c’erano da parte delle vittime le castagne, prelibate caramelle di un tempo, ma non è vero perché tutti erano interessati e festosamente coinvolti.

In Alta Valle, il giorno dell’Epifania è tradizione vincere il gabinàt.

Questa usanza, almeno un tempo, coinvolgeva interi paesi e vedeva tutti gli abitanti in competizione tra loro: era una vera e propria sfida vinta da chi precedeva l’altro nell’esclamare gabinàt!

Chi perdeva doveva quindi pagar pegno al vincitore, in genere con qualche dolce o una manciata di frutta secca.

Un tempo vincere il gabinàt poteva significare anche guadagnare bottini importanti.

Tra gli uomini vigeva l’usanza che il perdente pagasse un bicchiere di vino bianco, il cui costo non era da sotto-valutare. Il gabinàt diveniva quindi anche oggetto di scommesse tra i giovani (méter su il gabinàt) che stabilivano in anticipo quale avrebbe dovuto essere il premio in gioco.

Per vincerlo si adottavano quindi le più ingegnose strategie: appostamenti, travestimenti, finte malattie...

L’inizio della competizione variava da paese a paese: a Sondalo era fissato al pomeriggio della vigilia, quando le campane suonavano le tre, in altre località allo scoccare della mezzanotte.
Essenziale doveva comunque essere l’effetto sorpresa, indispensabile per conseguire la vittoria.

Pertanto, ai tempi in cui la diffidenza verso il mondo non faceva ancora chiudere le porte a chiave, non si esitava ad entrare di soppiatto nelle case.

Proprio per non far torto ai bambini, a Valdisotto e a Valfurva, in ogni casa venivano preparati dei piccoli doni costituiti da fazzoletti da naso (panét del nas) contenenti caramelle o frutta secca da consegnar loro qualora avessero fatto intrusione con la fatidica esclamazione.

In alcuni paesi si voleva che il pagamento consistesse almeno in tre premi (tre arachidi, tre mandarini ...). In Valdidentro e in Valfurva, invece, i bambini dovevano vincere il gabinàt ai propri padrini di battesimo.

Il debito doveva comunque essere pagato entro il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate e inizio del Carnevale.

Vi era tuttavia anche chi non rispettava le regole e alla parola gabinàt si sottraeva al doveroso pagamento replicando “tira la coa al gat!” (tira la coda al gatto).

La tradizione del gabinàt sembra derivare dalla Baviera dove alla vigilia di Natale, Capodanno e l’Epifania i ragazzi più poveri cantavano motivi sacri davanti alle abitazioni dei più abbienti per ricevere regali.
La sua origine sembra confermata dalla stessa etimologia del termine, dal tedesco Gaben Nacht, notte dei doni.

Il gabinàt è una tradizione fortemente radicata in Alta Valle. Ancora oggi, soprattutto i più piccoli, percorrono le vie dei nostri paesi cercando di vincere il gabinàt a parenti, amici e ai negozianti della zona.

 

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