CHI SONO
Mi presento, sono Edi Simonini, valtellinese 100%, classe 1966, colei che si è inventata un lavoro legata alla terra in cui vive e che ama profondamente.
Nella vita ho fatto di tutto e di più prima di capire cosa volevo diventare da grande.
Ebbene l'ho capito nel 2011 quando ho ideato Calendario Valtellinese.
Voglio parlare della Valtellina e di tutto ciò che di bello succede.
Voglio far conoscere gli eventi, le tradizioni, la cucina, il territorio, i luoghi da visitare e le aziende meritevoli.
Ho sempre amato scrivere, mi piace comunicare.
Ho quindi aperto il Blog e da li non mi ha più fermato nessuno.
Dammi un argomento e ti posso scrivere un libro intorno.
Nulla di ciò che faccio è improvvisato.
Dietro il mio lavoro c'è studio, preparazione, continue prove, statistiche, analisi di risultati.
Sono molto meticolosa e pignola e quando faccio qualcosa amo farlo bene.
Appena mi è possibile partecipo agli eventi, visito le aziende partner, chiacchiero con i titolari e collaboratori, instauro un rapporto di amicizia.
Amo il mio lavoro e amo parlare con la gente e della gente.
Osservo, ascolto, rifletto e scrivo. Oggi molti si definiscono blogger e io lo sono perchè ho un blog dove scrivo a ruota libera.
Libera da vincoli, senza redazioni, senza dover rendere conto a nessuno di ciò che scrivo.
Amo raccontare la verità senza tanti giri di parole.
Amo raccontare la Valtellina attraverso i miei occhi e dare trasmettere emozioni
Scrivo recensioni di esperienze vissute.
Uso un linguaggio semplice e scorrevole...a volte sono magari anche logorroica.
Ma dicono che piaccio così.
Se vuoi posso parlare anche di te, del tuo evento o venire a conoscere la tua azienda.
Scrivimi a edi@calendariovaltellinese.com
Attraverso il mio blog puoi dare grande evidenza a quello che vuoi presentare e non sai fare al meglio con le tue parole, Io posso esserti di grande aiuto. Contattami al 335 6090252 e ti spiegherò in che modo posso esserti utile.
Scopri quanto è verità e quanto leggenda....
Quando ero piccolo con i miei fratelli, e talvolta in compagnia dei miei cugini, andavamo durante la vacanze scolastiche nella casa di San Bernardo.
Ci stavamo da giugno fino a settembre. Il mare lo si conosceva solo dalle cartoline che ogni tanto trovavamo nella buca delle lettere a Ponte,
spedite da qualche nostro parente. [Erano mesi di giochi e spensieratezza: eravamo liberi di girare per boschi e sentieri senza strade né macchine].
Nella baita sotto casa c'erano i nostri "famigli": la *Rosa di Pitu* e la *Rosa di Leli*. Ogni tanto io scendevo a trovarle. Una volta, impaurito, chiesi
alla *Rosa di* *Leli* di chi fosse quello strano verso che sentivo arrivare dal bosco della *Rotonda,* ricordo che lei mi disse:
*L'è al Caurabesul!" .*
Sono sempre stato incuriosito dal quel nome e da come potesse essere quella creatura: nella mia fantasia di bambino la pensavo metà uccello e metà
capra. Qualche tempo fa, leggendo una rivista locale, ho potuto soddisfare finalmente una curiosità che avevo ormai riposta, e trovo sempre più giusto
il detto *L' è fina 'n pecà murì, perché se 'npara una ogni dì!*
In realtà il *Caurabesul o Caurabesula,* che tradotto è "capra che bela" poiché *besulà *in dialetto significa appunto ''belare'', è un innocuo
volatile, grande come un merlo chiamato in italiano *Succiacapre*. La sua brutta reputazione è dovuta ai pastori convinti che succhiasse il latte
dalle tette [mammelle] delle capre seccandogliele! Sembra invece che l'uccellino le seguisse solo per cibarsi degli insetti infestanti la loro
livrea. Il canto costante e crepitante del succiacapre, unito alle sue abitudini notturne obbligate, ne hanno fatto un archetipo di animale
"maledetto" nelle leggende popolari, cioè uno spirito in forma di animale che ha il compito di prelevare le anime dei moribondi per portarle
nell'aldilà.
La credenza popolare qui in Valtellina ci ha ricamato sopra dicendo che l'uccellino in realtà fosse una strega che s'aggirava nei boschi in attesa
di radunarsi con altre colleghe al lago di Painale - in cima alla Val di Togno ai confini con la Valfontana-, non molto distante da San Bernardo e
luogo abituale dei sabba. Un'altra versione delle tante sostiene che la "Caurabesula" è il vagito di un neonato abbandonato in fasce e piangente
dentro l'intrico di un bosco. Non averlo saputo prima, da bambino, mi ha risparmiato sonni agitati a San Bernardo...
Testimonianza di Giovanni Bolognini
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ISCR. REA SO 77902
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