In una delle posizione più suggestive della media Valle, con veduta sulla Valmalenco e le cime dei massicci centrali delle Alpi, Albosaggia (3070 abitanti) è un piccolo ma dinamico comune confinante con il capoluogo provinciale Sondrio.
Insediamento sviluppatosi nei secoli sul conoide alluvionale alla base della Val del Livrio (forse già a partire dal Neolitico), pare che il suo nome significasse anticamente “Monte Santo”.
Nel comune orobico, oltre a molte attività industriali, artigianali, edilizie e commerciali, sopravvivono ancora oggi natura e storiche attività agro-silvo-pastorali.
Oltre ad agriturismi e aziende agricole, potrai contare sulla bellezza della montagna orobica, con i suoi boschi e la sua biodiversità.
Anche nel Comune di Albosaggia si estende infatti il Parco delle Orobie Valtellinesi.
Da segnalare fra le attrattive del Comune sicuramente, innanzitutto, un itinerario fra le varie contrade dell'abitato, che, a partire dal fondovalle, si innalzano progressivamente verso le pendici orobiche.
Per i più montanari molto suggestiva è la risalita della valle del Livrio, perlomeno fino all'abitato di San Salvatore (m 1516), oltre al quale l'itinerario continua e si può accedere a vari rifugi (Rifugio Baita Calchera – m 1830, Rifugio Baita Lago della Casera – m 1950, Rifugio Baita di Sciuch – m 2016, Rifugio Baita Nova – m 2000, Rifugio Baita Salinù).
Molto suggestivo è anche il Castello Paribelli, di origine medievale (XI-XII secolo – sono ancora visibili affreschi dell'epoca), una dimora signorile rinascimentale convertita ad uso abitativo a partire da quella che era l'antica torre difensiva del Torzone (dall'antico nome del torrente Torchione).
Da non perdere una delle più antiche stüe (stufe) della Valtellina, voluta dalla famiglia Paribelli nel 1581 (famiglia nobiliare di Sondrio che governava Albosaggia all'epoca, da cui il nome odierno della struttura).
Tutti da scoprire sono poi molti itinerari passanti fra contrade storiche, campi, boschi e chiese, come quello “dei Padrusc” o quello detto “Il Risc”, che passa per la località "Crap dei Mainet", dove si presenta uno scenario degno di un film horror: in paese si racconta che un uomo di quel nome (Mainet) lì sia stato brutalmente ucciso secoli addietro (e il suo spirito senza pace sembri aleggiare presso quel crap, ovvero scarpata).
Infine ricordiamo un altro sentiero caratteristico, l'antico sentiero “Val di Frèr”, che come gli altri ti farà passare attraverso muretti a secco delimitanti terreni selvaggi o coltivati dove si possono ammirare betulle, noci, ciliegi, frassini, salici, noccioli, vigneti, coltivazioni di kiwi e di mirtilli giganti.
ALBOSAGGIA, 484m s.l.m. - 3071 abitanti
Stemma: di rosso alla campana d'argento battagliata di nero, munita di corona costituita da due delfini uniti con le pinne caudali, accompagnata in punta da due spade in decusse d'argento, con le punte in alto guarnite d'oro.
Tratto da "Gli stemmi dei comuni di Valtellina e Valchiavenna" di Marco Foppoli.
Santa Caterina d'Alessandria (287 – Alessandria d'Egitto, 305) vergine e martire.
Nel 305 un imperatore romano tenne grandi festeggiamenti in proprio onore ad Alessandria.
Caterina si presentò a palazzo nel bel mezzo dei festeggiamenti, nel corso dei quali si celebravano feste pagane con sacrifici di animali e accadeva anche che molti cristiani, per paura delle persecuzioni, accettassero di adorare gli dei. Caterina rifiutò i sacrifici e chiese all'imperatore di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell'umanità, argomentando la sua tesi con profondità filosofica.
L'imperatore, che, secondo la Legenda Aurea, sarebbe stato colpito sia dalla bellezza che dalla cultura della giovane nobile, convocò un gruppo di retori affinché la convincessero ad onorare gli dei. Tuttavia, per l'eloquenza di Caterina, non solo non la convertirono, ma essi stessi furono prontamente convertiti al Cristianesimo.
L'imperatore ordinò la condanna a morte di tutti i retori e dopo l'ennesimo rifiuto di Caterina la condannò a morire anch'essa su una ruota dentata. Tuttavia, lo strumento di tortura e condanna si ruppe e Massimino fu obbligato a far decapitare la santa.
L’acqua la fa marscìi li segi, òl vii al fa cantàa li vegi.
L’acqua fa marcire le secchie di legno, il vino fa cantare le vecchie
Fin ca gh'è né viva ‘l rè, quanca gh'è ne pü crèpa l’àsèn e chi gh'è sü
Fin che ce n’è viva il re, quando non ce n'è più crepa l’asino e il padrone
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